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Alberto e Ernesto in viaggio

Alberto Grenado
Sapete chi ? Alberto Grenado? Il suo nome detto cos? pu? non evocare nulla, ma basta che lo si affianchi a quello di Ernesto Guevara ed allora vengono alla mente i coraggiosi viaggi raccontati ne "I diari della motocicletta".
Dopo averlo sentito parlare si ha migliore percezione di quanto stiamo irrimediabilmente perdendo nella scomparsa di tutta una generazione che ancora credeva e lottava per degli ideali e diverse generazioni che un ideale non sanno nemmeno cosa sia.
Lui era il giovane Don Giovanni che nel film, tratto dall?omonimo libro, viveva la vita con pi? leggerezza, con quella spensieratezza che fa da contraltare alla gestazione meditatrice del futuro Che; eppure, vederlo fiero nei suoi oltre ottantanni, lucido sul significato dei tempi vissuti in giovent? e di quelli attuali, la dice lunga sulla natura di una razza consapevole della necessit? di dover continuamente lottare.
In questo primo di una serie di incontri organizzati in Lombardia dalla Associazione Amici di Cuba, Alberto risponde alle domande di un giornalista emozionato dell?Eco di Bergamo con la lungimiranza della coscienza che sa di dover dare dei messaggi forti alla sala gremita di giovani.
Dice che ? stato il trascorrere del tempo a fare di Ernesto quello che il mito ricorda con l?unico appellativo di Che. Non due persone quindi, una prima e una dopo il viaggio, bens? una sola che nell?amore per la letteratura, lo sport e il viaggio ha trovato la sua espressione pi? sublime nell?impegno militante.
Quel viaggio, discusso per dieci anni prima di iniziarlo, consegn? alla loro amicizia la condivisione non solo di ci? che gli piaceva, ma anche di ci? che non gli piaceva.
La segregazione razziale, l?emarginazione, lo sfruttamento della donna. I due momenti che Alberto ritiene siano stati topici nella formazione di Ernesto rivoluzionario sono: l?incontro a Valparaiso con una donna anziana e malata che era stato chiamato a visitare, senza lavoro, senza nulla per vivere, abbandonata a se stessa dal Governo e l?assistere al reclutamento spietato dei lavoratori della miniera della compagnia americana Anaconda di poveri comunisti in fuga che rischiavano la morte sottoterra per un salario da fame.
La motocicletta che all?inizio rappresent? il ?comodo?, irrinunciabile mezzo di trasporto, quando furono costretti a liberarsene a seguito di un incidente, il tramite del viaggio divenne la lentezza, la possibilit? di vedere, interpretare, capire cose alle quali solo a piedi si riesce ad arrivare.
Alla fine di quell?esperienza Alberto and? a Caracas per fare il ricercatore, con l?intenzione di metter su famiglia e continuare a viaggiare; Ernesto, invece, aveva vedute pi? larghe e dopo aver dato gli ultimi esami per laurearsi in medicina, incominci? le sue avventure libertarie.
Solo il tempo, molti anni dopo, li far? rincontrare a Cuba per dare vita allo stesso sogno di una societ? pi? giusta.
Alberto dice che l?America latina non ? cambiata molto dai viaggi fatti nel 1951 ad oggi. Dopo cinquecento anni di imperialismi non ci possono essere svolte immediate eppure, ? possibile scorgere dei progressi, dei miglioramenti. Lo dice con forza, a volerci credere, a voler fare arrivare forte il messaggio, mentre si gira verso i giovani in platea, che per stare bene al mondo le cose brutte non bisogna solo vederle e indignarsi, ma anche lottare per cambiarle. Si pu? lottare in tanti modi e non ? detto che l?uso delle armi sia sempre quello giusto; ? il quotidiano che conta, le piccole buone e costanti azioni.
All?ultima domanda: se considera il Che un mito, Alberto risponde deciso che la vita ha dimostrato che Ernesto ? stato un uomo, in carne ed ossa, con i suoi principi e idee e convinzioni da portare avanti a costo della morte. Se togliessimo la dimensione umana e lo innalzassimo a mito, toglieremmo l?idea di ci? che ? realizzabile e per cui i giovani devono assolutamente lottare.
11/10/2005
Forgione Massimiliano
 




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