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Racconti

Cafè Noir

Un amaro racconto di Antonio Palumbo
? Beverei prima il veleno Che un bicchier che fosse pieno dell? amaro e reo caff? ?

1a 2a e 3a Puntata

Le dita della sua mano picchiettavano nervosamente sulla base della scrivania in acero e rovere con le costine in alluminio spazzolato.
Dall?altra parte Giovanni, detto Nanni, cardiologo affermato e amico d?infanzia di Marcello, interpretava i valori delle analisi cliniche arricciando le labbra e ondeggiando il capo avanti e indietro.
Marcello continuava a fissarlo da dietro i suoi occhiali in osso nero imprimendo alle dita della mano destra ritmi da overture sinfonica dal crescendo vagamente gotico.
-La situazione ? piuttosto seria- sentenzi? Nanni scostando il resoconto degli accertamenti dal suo viso curato e impreziosito da due nobili baffi.
Le dita di Marcello interruppero di colpo un arrangiamento in sette ottavi.
-I valori riscontrati dalle analisi del sangue - continu? il cardiologo - rivelano la causa delle frequenti aritmie quotidiane che abbiamo riscontrato con l?holter-. Marcello sembrava perplesso, ma in realt? le sue paure cominciavano a materializzarsi in una realt? amara come i circa quindici caff? che quotidianamente assumeva; rappresentavano l?insostituibile metronomo della sua esistenza.
Marcello aveva quarantatr? anni, scapolo, un lavoro come giornalista nella redazione di un importante quotidiano della capitale.

La sua giornata cominciava spesso quando il sole non era ancora alto e finiva non prima dell?ultima replica del tg della notte. Non soffriva d?insonnia, ma i suoi sonni non erano mai troppo profondi.
Marcello era ossessionato dal tempo; e non in senso meteorologico. ?Il sonno rappresenta inattivit?, tempo sottratto all?azione?. Cos? diceva. Non un tipo nervoso. Ma un... attivo compulsivo!
L?orologio al quarzo in bella vista sulla mensola dello studio medico indicava le dodici e ventuno. Un orario palindromo. Secondo alcune teorie i numeri palindromi hanno un valore esoterico non meglio specificato se associato ad altri simboli e situazioni contingenti.
Marcello era affascinato da quelle teorie nonostante fosse un uomo con i piedi per terra. Quella sentenza, proclamata in un orario dalla lettura bivalente assumeva i toni dell?inappellabilit?!
-La dose letale di caffeina per un uomo adulto, ? stimata essere fra 150 ed i 200 mg. per Kg. di massa corporea somministrati per via orale in un intervallo di tempo che va in genere dalle 3,5 alle 10 ore - riprese Nanni facendo riferimento ad un testo scientifico; - siamo al limite caro Marcello e ci sono poche parole da dire in merito: tu il caff? lo devi totalmente eliminare dalla tua dieta!-
Il giornalista guardava negli occhi quel medico tanto severo che gli parlava con il cuore in mano.
E il cuore in questione era proprio quello di Marcello che non profer? parola finch? l?orologio non ebbe indicato le dodici e ventidue: - Nanni, forse sei giunto ad una conclusione troppo affrettata, cerc...- -Marcello! - lo interruppe stizzito il medico- Fa? come diavolo credi. Te lo dico come cardiologo prima e poi come amico: il caff? per te ? ve-le-no! Per Dio, non sei mica un ragazzino...-. -Ecco. appunto, non sono un ragazzino per cui non ho bisogno dello spauracchio per mettermi a regime: andr? a correre al parco due - tre giorni a settimana, caler? di qualche chilo, eliminer? un po? di grassi dalla dieta, no?! Sono quelle le cose che i medici ti dicono di fare quando c?? il cuore affaticato, su..- Marcello cercava di convincere se stesso pi? che il suo vecchio amico che continuava a guardarlo severo.

Nanni si alz?, and? alla finestra e l?apr?.
Poi si rec? verso l?enorme biblioteca a parete.
Apr? un cassetto dall?interno del quale prese una scatola che riluccic? inclinandosi a favore dei neon che sovrastavano lo studio. Tornando al suo posto tir? fuori dal portasigarette in argento intarsiato una Lucky Strike rossa. La accese con il suo Zippo.
Espir? una boccata di fumo scuotendo il capo. Si mise a sedere, poi, sporgendosi di tre quarti verso quel bizzoso paziente riprese con tono pacato, ma grave: -Fa? come meglio credi, Marcello. Io te l? ho detto. Quisque faber fortuna sua est.-
-Eh vabb?,- riprese Marcello - che cazzo! Sembra un requiem!-.
-Lo sar? se non la smetti con i caff?.- chios? Nanni.

2a Puntata

Il sole aveva stabilmente preso posizione tra due nuvole che seppur imponenti non sembravano poterlo intimorire pi? del dovuto. La primavera cominciava a fare capolino e si insinuava dolcemente nell?umore della gente che nonostante il tran tran quotidiano pareva animata da un moderato buonumore. Forse era solo una sensazione acuita dallo stato d?animo di Marcello che, al contrario, era in pieno solstizio d?inverno. Il colloquio con l?amico cardiologo lo aveva fatto sprofondare in una cupa depressione: l?ago della bilancia tra la vita e la morte aveva il profumo dell?arabica e il colore del mogano scuro del Belize.
Il caff?, insostituibile compagno di vita fino a quel momento: dall?infanzia, periodo in cui i bambini venivano tenuti lontani dagli effetti eccitanti della bevanda di tropicali origini, egli, al contrario, ne assumeva una tazza al giorno, di nascosto nel retrobottega della torrefazione di famiglia dove il suo bisnonno aveva allietato con miscele tra le pi? ricercate tutte le personalit? eccellenti del paese.
Il profumo di Costarica e di Liberica danzavano nell?aria come due danzatrici con lunghi strascichi e voluttuosamente rapivano i sensi di chi in quella bottega desiderava concedersi al ristoro dell?anima e ai piaceri del palato; la sacralit? della teca in cui venivano custoditi i grani del Kopi Luwak, il caff? pi? pregiato al mondo di cui si diceva se ne producessero soltanto cinquanta chili l?anno, intarsiava di misticismo i tavolini a tre piedi in noce e gli sgabelli in stile coloniale Primo Ottocento.
Motore pulsante della torrefazione era la pioniera delle macchine per il caff? espresso: l?Ideale.
Era una macchina rivoluzionaria per quei tempi.
Si presentava come un enorme cilindro metallico con due rubinetti ovvero una macchina a vapore con una caldaia in ottone riscaldata e mantenuta costantemente in pressione da un fornello a gas posizionato sotto e gruppi di distribuzione laterali ai quali venivano agganciati dei supporti all?interno dei quali era alloggiato il filtro per il caff? macinato.
Girando una manopola, l?acqua in ebollizione unita al vapore passava attraverso il caff? macinato contenuto nel filtro a una pressione di 1,5 atmosfere: un solo minuto di attesa ed il caff? colava direttamente all?interno delle tazzine, pronto per essere servito.
Non c?? che dire, il rapporto che Marcello aveva con quella bevanda diffusa nel 1200 dalle popolazioni nomadi dell Abissinia andava oltre il poco nobile e apparente vizio. Mentre camminava per le vie della citt? il cervello si catapultava in questi pensieri e come per la morte di un personaggio famoso, da buon giornalista, Marcello partendo dagli inizi della sua storia cominciava a redarre il coccodrillo di Monsieur Le Caf?.
In realt? si sentiva un po? come Superman che, sceso sulla terra e divenuto invincibile perdeva i suoi poteri quando veniva a contatto con un pezzo delle sue origini. Gi?, lui Il supereroe, il caff? la kriptonite e Nanni? Nanni... Ecco: Nanni Lex Lutor!
Quel pensiero gli strapp? un sorriso a mezza bocca.
C?era poco da stare allegri. In quel momento quello stato d?animo gli era precluso. Toccava trovare una soluzione. E pure in fretta: in un modo o in un altro doveva trovare un?alternativa al caff?; Nanni non era mai stato un allarmista e quello sguardo serioso e preoccupato valeva molto di pi? di qualsiasi considerazione.
-Poi alla fine diciamoci la verit?: ? un?abitudine che mi porto dietro dall?infanzia per cui mi sembra cosi difficile ed improprio staccarmene - ripeteva fra s? e s? Marcello tentando di auto convincersi- ma occorre soltanto una settimana di sacrificio e poi verr? da solo...sono uno di carattere io... poi, cazzo, ci sono un milione di bevande che possono sostituire Lui, che ne so... il the, anche se poi.. vabb?, la cioccolata, anche se pesante e un po? allappa, per? chess?, un amaro, un succo, un orzo...Vaffanculo! Mi fa schifo tutto, meglio la morte!-
Marcello dimostrava segni di vacillamento mentale. era in preda ad una crisi di nervi e avrebbe voluto mettersi a piangere. Ma non li, non per strada.
Era pur sempre uno stimato professionista.
Mentre i suoi pensieri giocavano all?asta del buonsenso, il giornalista si sent? chiamare:- Ehi, ma tu non sei Marcello!?
Era Logullo. Adolfo Logullo.
Quattro anni era stato in quell?ufficio e il ricordo pi? bello era legato al giorno in cui se ne era andato. Era stato subito dopo la laurea che grazie ad un concorso era stato assunto in un ufficio distaccato dell?Agenzia dell?Entrate: un posto ambito, ben pagato, orari morbidi, tredicesima . Un ?inferno Kafkiano!
Marcello odiava tutti l? dentro, non avevano nulla a che fare con la professione per la quale aveva sudato sei anni intensi di universit? pi? altri due anni prima di poter far parte dell?Ordine. Quella squallida scrivania in quella triste stanza dell?Ufficio Stampa Distaccato dell?Agenzia delle Entrate non era di sicuro il campo d?azione che animava i suoi sogni di ragazzo.
Ciliegina sulla torta i colleghi con i quali divideva il reparto: il capo ufficio Martani, un?ignobile raccomandato con diploma conseguito alla scuola Radio Elettra di Torino e, per l?appunto, Adolfo?Linguetta? Logullo, forte coi deboli, debole coi forti.
-Ma si, tu sei Marcello Rubini!- rilanci? l?uomo. - Quanto tempo...Ho visto che hai fatto carriera, adesso sei un nome- continu? finge
 




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