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L’AUTOASSOLUZIONE ITALIANA

Che l?"autoassoluzione" sia una pratica comune nella societ? italiana intera ? un fatto risaputo.
L?indulgenza verso s? stessi per quelle piccole azioni quotidiane eticamente, se non proprio legalmente, discutibili, ha contribuito a fare dell?Italia il paese del "relativismo morale".
Con l?alibi del "cos? fan tutti" si ? costruito un sistema clientelare molto complesso e stratificato che interessa molti aspetti della nostra vita quotidiana.
Scagli la prima pietra chi non ha mai chiesto o concesso un aiutino, una spintarella, una innocua raccomandazione. Senza drammatizzare questo ?, in fondo, il malcostume nazionale.
Noi italiani siamo fatti cos? e ... in fondo in fondo ci autoassolviamo.
Secondo alcuni addirittura l?arte di arrangiarsi ? sinonimo di intelligenza, vivacit?, insomma dell?estro italico.
Ma quello di cui abbiamo letto ed a cui abbiamo assistito in questi giorni supera di gran lunga il limite della decenza, roba da far impallidire il pi? levantino dei satrapi.
Al di l? della sentenza di condanna per favoreggiamento semplice senza l`aggravante di aver favorito Cosa Nostra e per violazione del segreto istruttorio, rimane l?entit? di fatti resi ancora pi? gravi dalla posizione di enorme potere e prestigio del condannato. Il primo dei siciliani, l?uomo a cui una terra ricca di risorse umane ed economiche dovrebbe affidarsi per risollevarsi e liberarsi dalla morsa criminale che da sempre la opprime e ne impedisce il pieno sviluppo, davanti ad una sentenza di condanna a cinque anni esulta, non si dimette dalla carica che ricopre ed invita i collaboratori a riprendere il lavoro come se niente fosse.
L?immagine di Cuffaro dopo la sentenza di condanna richiama l?immagine di Napoleone che, cingendo la corona ferrea nel Duomo di Milano, si proclam? imperatore e re d?Italia dicendo "Dio me l?ha data, guai a chi la tocca".
Nel caso di Salvatore Cuffaro si tratta della Sicilia naturalmente. E quell?affermazione, arrogante e minacciosa, suona ancora pi? sinistra in una regione bella e sfortunata che sta lottando con tutte le sue forze, con la parte sana della sua societ?, che ? vasta e coraggiosa, per affermare principi di giustizia ed onest?, per riprendersi la dignit? che mafia e corruzione le hanno tolto nel corso di decenni.
Quella stessa dignit? che la gente siciliana onesta avrebbe voluto da Salvatore Cuffaro, il cui unico gesto per dimostrare di amare la propria terra e la propria gente sarebbe stato dimettersi.

Edi Canuto
Foto dal Web: Tot? Cuffaro con coppola e da pellegrino a Santiago di Compossela
 




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